venerdì 27 settembre 2013

L’offensiva omosessualista, tappa del processo rivoluzionario

L’offensiva omosessualista, tappa del processo rivoluzionario


Come ubbidendo a un commando centrale, le lobby omosessualiste stanno accelerando ovunque il passo.
Allo stato attuale, due persone aventi lo stesso sesso possono contrarre “matrimonio” (le virgolette sono di rigore) nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Portogallo, in Canada, in Sudafrica, in Svezia, in Norvegia, in Danimarca, in Islanda, in Argentina, in Uruguay, in Messico, in Nuova Zelanda, in Francia, in Inghilterra, in Galles, in Brasile e in tredici Stati USA. In Israele, in Aruba e nelle Antille Olandesi pur non essendo ammesso contrarre “matrimoni” tra persone dello stesso sesso, sono riconosciuti quelli contratti dove ciò è consentito. In molti altri Paesi sono in essere tipi di unioni civili che, nella pratica, rendono possibile contrarre un tale “matrimonio”.


Nel Parlamento italiano è in discussione un disegno di legge sulla cosiddetta “omofobia”, che vieterebbe qualsiasi forma di discriminazione per motivi di orientamento sessuale. Se fosse approvato, non sarà più possibile negare a una coppia dello stesso sesso i benefici legali del matrimonio. Sembra una valanga inarrestabile. E per chi osi opporvisi, è in agguato la gogna mediatica. Com’è successo di recente alla campionessa olimpionica russa Yelena Isinbayeva, massacrata dai media mondiali per aver osato esprimere la sua opposizione al “matrimonio” omosessuale.
Più volte ci siamo occupati del tema. Lo abbiamo fatto con la coscienza che stiamo di fronte a una delle più ardite sfide dell’immoralità contro la legge divina e naturale. Lo abbiamo fatto anche perché vediamo nell’offensiva omosessualista la continuazione del processo rivoluzionario esposto dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione». Lo stesso impegno che ci spingeva alla militanza anticomunista, ci spinge oggi al rifiuto dell’agenda omosessualista.

Il processo rivoluzionario

Plinio Corrêa de Oliveira spiega così la genesi della crisi che affligge il mondo odierno: “L’umanità è prigioniera di un fascio di errori e di iniquità, che sono cominciati nella sfera religiosa e culturale con l’umanesimo, il rinascimento e la pseudo-riforma protestante (1ª Rivoluzione). Tali errori si sono aggravati con l’illuminismo, il razionalismo, e sono culminati nella sfera politica con la rivoluzione francese del 1789 (2ª Rivoluzione). Dal terreno politico sono passati al campo sociale ed economico, nel secolo XIX, con il socialismo utopistico e con il socialismo cosiddetto scientifico, ossia il comunismo (3ª Rivoluzione)”.
Così come il processo rivoluzionario era passato dalla prima tappa alla seconda e poi alla terza, era logico supporre che sarebbe andato avanti verso una quarta tappa, ancora più radicale. Infatti, né Marx né nessun teorico o leader comunista avevano visto nella dittatura del proletariato la fase finale del processo rivoluzionario. Dagli anni Cinquanta, Plinio Corrêa de Oliveira scrutava l’orizzonte alla ricerca di qualche avvisaglia di questa quarta tappa. Le sue riflessioni in merito sono condensate in un saggio, scritto nel 1976 e intitolato «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Vent’anni dopo». Il leader cattolico vi annuncia il crollo del comunismo sovietico e lo spuntare di una 4ª Rivoluzione, di carattere culturale, morale e psicologico, mirante a cambiare in profondità le radici stesse dell’anima umana.

L’essenza della Rivoluzione

La forza motrice della Rivoluzione è l’odio contro le gerarchie stabilite da Dio nell’universo e l’insofferenza per qualsiasi regola morale che abbia la pretesa di opporre un freno agli appetiti scatenati. E due sono le passioni che spirano questo odio: l’orgoglio, tendente all’egualitarismo completo, e la sensualità, tendente alla libertà assoluta.
Nel Protestantesimo, l’egualitarismo si manifestò nel campo religioso. L’orgoglio produsse la rivolta contro l’autorità ecclesiastica. La Rivoluzione francese non fu altro che la trasposizione, nell’ambito dello Stato, della Riforma protestante: rivolta contro il re, simmetrica alla rivolta contro il Papa. La rivoluzione comunista si scagliò contro l’ultima disuguaglianza rimasta in piedi, cioè quella economica.
Già dagli anni Trenta, però, pensatori comunisti cominciarono a guardare oltre la dittatura del proletariato, abbozzando i lineamenti di ciò che sarebbe stato il post-comunismo. Venne così formandosi l’idea della rivoluzione culturale.

Una rivoluzione psicologica, morale e culturale

Una prima novità di questa rivoluzione è rappresentata dal suo campo d’azione. Oltre alle riforme strutturali, persegue una riforma molto più profonda e fondamentale: quella dell’uomo stesso. Dopo aver cancellato le gerarchie in campo ecclesiastico, socio-politico ed economico, si vuole cancellare anche quella in interiore homini, cioè quella gerarchia in virtù della quale la Fede illumina la ragione e questa guida la volontà, che a sua volta domina la sensibilità. Il fulcro della Rivoluzione passa dall’ambito esterno a quello interno, psicologico e morale.
La rivoluzione culturale contesta radicalmente e allo stesso tempo tutte le forme di autorità legale o morale, in ogni campo e in ogni forma. Questa disintegrazione del sistema non si realizza con le vecchie strategie comuniste, ma con una rivoluzione che propugna una radicale liberazione degli istinti contro gli interiori freni inibitori imposti da secoli di cultura e di civiltà, che sanciscono il dominio dell’intelligenza e della volontà sulle passioni. Perciò una delle sue principali rivendicazioni è proprio la libertà sessuale illimitata. Per sua stessa natura, questa esplosione passionale tenderà a trascinare nel vortice delle lotte contestatarie tutte le attività e tutti i rapporti umani: nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, nell’economia, nella cultura, nella politica e via dicendo.

Un nuovo proletariato

Nella 4ª Rivoluzione, al proletariato marxista si affianca una sorta di nuovo, variegato “proletariato” socio-culturale, composto da quelle categorie che, indipendentemente della loro situazione economica o sociale, si ritengono in qualche forma discriminate da fattori di un qualunque tipo: morali, culturali, psicologici, razziali e via dicendo. Così le femministe si sentiranno discriminate dalla “cultura maschilista”; gli omosessuali dalla morale cristiana; gli immigrati dalla “xenofobia”; le persone di colore dal “razzismo” e così via.
Secondo il nuovo copione, ogni categoria di emarginati dovrà scrollarsi di dosso i fattori di oppressione che concretamente gravano su di essa, ponendosi alla testa, ognuna nel suo campo, di una lotta liberatrice. Per la naturale sinergia fra tutte queste “liberazioni”, avremo quindi la rivoluzione totale.

Una rivoluzione ludica

Cambiano pure le modalità. Mentre il comunismo propugnava lo scontro sociale e politico, la rivoluzione culturale intende avanzare in modo “ludico”, cioè allegro e spensierato. Non si fanno più barricate, scioperi e sparatorie. Si organizzano Gay Pride e happening carnevaleschi.
Il carattere festoso delle manifestazioni omosessualiste, però, non ci deve far dimenticare la loro essenza, radicalmente immorale e rivoluzionaria, cioè in rivolta contro la legge divina e naturale, e tendente alla distruzione di qualsiasi ordine fondato su di essa.

http://www.atfp.it/2013/110-ottobre-2013/869-loffensiva-omosessualista.html