lunedì 30 dicembre 2013

Messaggio di fine anno del Principe Vittorio Emanuele di Savoia



MESSAGGIO DI FINE ANNO DI
S.A.R. VITTORIO EMANUELE
DUCA DI SAVOIA
PRINCIPE DI NAPOLI

GINEVRA – 31 DICEMBRE 2013


Cari Italiani,

seguendo una consuetudine particolarmente cara al mio Augusto Genitore, S.M. il Re Umberto II, esco dal silenzio per condividere alcune riflessioni e soprattutto per formulare a Voi e alle Vostre famiglie l’augurio più sincero per un felice e prospero anno nuovo.

La crisi e il disagio sociale recentemente manifestatosi nel nostro Paese attraverso nuove forme di protesta ci pongono davanti alla necessità di un governo forte e di una maggioranza sufficientemente coesa per intraprendere le riforme attese da troppi anni, senza avere timore di ricorrere a elezioni anticipate qualora ve ne fosse necessità.
Travolti dalla frenesia della contemporaneità, non dobbiamo dimenticare che le risorse del nostro popolo sono infinite e lo abbiamo dimostrato in tanti momenti difficili della nostra storia. Per questo, è più che mai necessario che la politica riconsegni la parola «speranza» al nostro vocabolario, come ci ha recentemente ricordato il Santo Padre Francesco.
La speranza è il nutrimento della nostra giornata: un importante messaggio che sarà doveroso richiamare anche in vista di Expo2015.

Il Santo Natale è trascorso senza che i nostri due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone abbiano avuto la possibilità di riabbracciare i propri cari, sopportando nell’adempimento del proprio dovere l’umiliazione e il sacrificio.
Desidero far giungere loro, attraverso queste poche righe, il mio memore saluto: Casa Savoia vi è vicina e attende con trepidazione il giorno del vostro ritorno in Patria!

Con l’inizio del nuovo anno, inizieranno in Europa le celebrazioni per il centenario della Prima Guerra Mondiale che per il nostro Paese cadranno nel 2015.
Non posso sottrarmi da un appello affinché questa ricorrenza non sia trascurata, augurandomi che la nostra classe politica non rimanga insensibile nei confronti delle precarie condizioni dei numerosi sacrari
militari oggi dimenticati. Questi sacelli, infatti, sono un memoriale di pietre vive della nostra storia e dei nostri valori.
La Grande Guerra è presente in tutte le case attraverso i ricordi e le testimonianze dei nostri padri. Siamo dunque orgogliosi di Vittorio Veneto e del Piave! Nessuno può pensare di cancellare queste pagine di sofferenza e di gioia.
In vista di queste celebrazioni, a nome di tutta la mia Famiglia, concorde nella richiesta, rivolgo un fervido appello affinché, entro il 2015, il Re della Vittoria, S.M. Vittorio Emanuele III, possa finalmente riposare nel Pantheon di Roma, insieme agli altri Sovrani che ancora sono sepolti in terra d’esilio.

Rivolgo un particolare pensiero alla Sardegna, recentemente colpita da una drammatica alluvione e ringrazio quanti, nel nome della mia Casa, si sono immediatamente mobilitati per portare assistenza, conforto e sollievo ai più bisognosi. Forza Paris!

Non posso concludere questo messaggio senza rivolgere uno speciale augurio all’Arma dei Carabinieri, voluta dal mio Avo Vittorio Emanuele I, nei secoli fedele, che quest’anno celebrerà il bicentenario della propria fondazione. In loro, l’Italia migliore.

A Voi ed a tutte le Vostre famiglie, ai militari in Patria e all’Estero, ai Servitori dello Stato Civili e Militari, a tutti i miei cari concittadini, formulo i migliori auguri di prosperità e di felicità per il nuovo anno.

Vittorio Emanuele

Messaggio di fine anno del Principe Amedeo di Savoia Duca d'Aosta



MESSAGGIO UFFICIALE DI
S.A.R. IL PRINCIPE AMEDEO DI SAVOIA
IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE 2013
E PER IL NUOVO ANNO 2014


Italiani,

l’anno che sta per concludersi verrà ricordato anche perché, dopo secoli, un Pontefice ha rinunciato al suo ministero manifestando umiltà ma anche determinazione e senso di responsabilità, di cui i governanti tutti dovrebbero tenerne conto, gesto che collego al Re Umberto II che, dopo gli anni della Luogotenenza e del Regno,affrontò la via dell’esilio, con spirito di sacrificio, nell’interesse supremo della Nazione.

Quello che maggiormente mi preoccupa è la crisi economica che attanaglia e rende difficile la vita politica e sociale del nostro popolo. Auspico che il Governo decida di affrontare, senza indugi, le inderogabili necessità di tante famiglie in difficoltà,dei giovani disoccupati, dei pensionati ridotti alla miseria e abbia la volontà politica di rilanciare la produzione, sì da creare nuovi posti di lavoro e, con essi, una maggiore tranquillità economica. E’ quanto mai necessaria la pacificazione nazionale, ancora latente, in modo da consentire al Parlamento di fare tutte quelle indispensabili riforme di cui la Nazione abbisogna per renderla al passo con i tempi ed in linea con le democrazie più progredite. Auspico venga meno l’esilio per i Re e le Regine d’Italia, memoria storica per tutta la Nazione, tuttora sepolti all’estero.

Italiani, è necessario cooperare fraternamente. Il Governo deve essere attento e responsabile nella gestione della spesa pubblica ed essere a disposizione dei cittadini senza gravarli con tassazioni inique. L’avvenire della nostra Patria è sempre nei miei pensieri. La Casa che ho l’onore e l’onere di rappresentare è vicina a tutti voi, non dimenticando i Soldati che, all’estero, sono impegnati in difficili operazioni
di pace e, anche a nome di mio figlio Aimone, desidero far pervenire a tutti i più fervidi auguri, auspicando che il 2014 possa essere l’anno della rinascita morale e materiale dell’Italia.

Buon Natale e Buon Anno 2014 !

Da Castiglion Fibocchi, 25 dicembre 2013

 Amedeo di Savoia

mercoledì 25 dicembre 2013

Le difficoltà del federalismo alla rovescia



Politica Interna 
Le difficoltà del federalismo alla rovescia
Quando “Roma ladrona” non foraggia più gli sperperi locali!

della Redazione

Il nostro curioso federalismo alla rovescia, già storicamente errato, non smette di presentare conti salatissimi ai contribuenti. Dopo l’errore di istituire le Regioni, alle prese con deficit sanitari allucinanti, tocca ora ad alcuni grandi Comuni battere cassa per tappare le voragini dei loro conti. Succede a Roma dove il neo sindaco Ignazio Marino chiede a gran voce aiuto per sanare il passivo ereditato: 867 milioni.
I suoi colleghi di Napoli e Catania peraltro avevano fatto analoghe richieste molto prima di lui e riteniamo che altri ne seguiranno l’esempio. La galleria degli orrori pubblicata Il Sole 24 Ore ad inizio ottobre percorre in lungo e in largo l’intero Paese, Milano compresa.
I Comuni, tutti i comuni, anche quelli che vogliono “essere padroni in casa loro” incolpano il taglio dei trasferimenti, sostenendo di aver sborsato il prezzo più caro per risanare le finanze pubbliche.
E sarà anche vero, ma sono denari che non hanno pagato loro!

Questo stato di cose dovrebbe indurre certi amministratori a un serio esame di coscienza, e soprattutto chi rivendica l’autonomia, dovrebbe ricordare che questa implica responsabilità. Il federalismo da molti invocato dovrebbe basarsi essenzialmente su questo basilare principio.
Il federalismo “legaiolo” è diventato invece una parola vuota, un comodo paravento per gestioni allegre e sconsiderate (o clientelari) senza essere chiamati a risponderne, anzi scaricando gli effetti sull’intera collettività.
Roma resta l’esempio più vistoso (e anche il più denunciato), una città scossa negli ultimi anni dallo scandalo delle assunzioni massicce di migliaia di parenti e amici nelle municipalizzate. Il Campidoglio ha la bellezza di 25 mila dipendenti, numero cui si deve aggiungere quello del personale delle partecipate, che il sito internet indica in 37 mila. La sola azienda di trasporto locale, l’Atac, paga circa 12 mila stipendi e ha fin’ora accumulato 600 milioni di perdite. E il servizio che offre …fosse almeno all’altezza di una capitale!

Sappiamo tutti che senza contributi pubblici nessuna azienda di trasporto locale avrebbe conti in equilibrio. Questo è un problema di ogni città, piccola e grande, perché chi sale su un autobus, un tram o una metropolitana paga un prezzo politico che non copre il costo effettivo. Non di rado però, quella frazione è infinitesima a causa della mala gestione di moltissime aziende locali di trasporto; il resto viene caricato sulle spalle di tutti gli italiani. Questi sono così chiamati a ripianare non solo il peso di un servizio a loro dedicato, ma anche quello illegittimo e immorale degli sprechi, delle inefficienze e del sistema clientelare locale.

Su questo argomento Confartigianato non ha dubbi: fra il 2000 e il 2010 le tariffe dei servizi pubblici locali sono cresciute in Italia del 54,2 per cento, il doppio dell’inflazione e ben 24 punti in più rispetto alla media europea: nel periodo dal 2003 al 2013 la sola tassa sui rifiuti è lievitata del 56,6 per cento, contro il 32,2 per cento dell’eurozona. Ciascuno di noi può giudicare se la qualità di questi servizi sia nel frattanto tanto migliorata da giustificare l’esborso in proporzione.
La farsa del federalismo quindi non è più accettabile, i Comuni vanno obbligati alla trasparenza assoluta dei costi sui servizi, affinché i cittadini possano regolarsi di conseguenza quando è ora di rinnovare con il voto le amministrazioni locali.
La norma che prevede la liquidazione delle società municipalizzate in dissesto già esiste, occorre solo applicarla, dribblando le deroghe che da anni alimentano questa vergogna. Solo così, possiamo restituire un significato alla parola “federalismo” e gravare meno sulle tasche dei cittadini.

sabato 12 ottobre 2013

COME SI ESCE DALL'EURO? Intervista a Claudio Borghi

Se avete la pazienza di seguire tutta l'intervista/esposizione ne ricaverete una visione certamente utile di cosa potrebbe accadere all'Italia da un'uscita dalla moneta unica... Nulla di traumatico, anzi!!! Da guardare con attenzione davvero.

lunedì 30 settembre 2013

ARALDO di Biella, mese di Ottobre

ARALDO di Biella - Ottobre 2013

Copia dell'ARALDO di Biella al seguente LINK
oppure potete richiedere la copia in formato Pdf per poterlo stampare e leggere con comodo a questo indirizzo :
alberto.conterio@hotmail.com

Un caro saluto ai nostri lettori e al prossimo numero!!!!

Redazione ARALDO di Biella

venerdì 27 settembre 2013

L’offensiva omosessualista, tappa del processo rivoluzionario

L’offensiva omosessualista, tappa del processo rivoluzionario


Come ubbidendo a un commando centrale, le lobby omosessualiste stanno accelerando ovunque il passo.
Allo stato attuale, due persone aventi lo stesso sesso possono contrarre “matrimonio” (le virgolette sono di rigore) nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Portogallo, in Canada, in Sudafrica, in Svezia, in Norvegia, in Danimarca, in Islanda, in Argentina, in Uruguay, in Messico, in Nuova Zelanda, in Francia, in Inghilterra, in Galles, in Brasile e in tredici Stati USA. In Israele, in Aruba e nelle Antille Olandesi pur non essendo ammesso contrarre “matrimoni” tra persone dello stesso sesso, sono riconosciuti quelli contratti dove ciò è consentito. In molti altri Paesi sono in essere tipi di unioni civili che, nella pratica, rendono possibile contrarre un tale “matrimonio”.


Nel Parlamento italiano è in discussione un disegno di legge sulla cosiddetta “omofobia”, che vieterebbe qualsiasi forma di discriminazione per motivi di orientamento sessuale. Se fosse approvato, non sarà più possibile negare a una coppia dello stesso sesso i benefici legali del matrimonio. Sembra una valanga inarrestabile. E per chi osi opporvisi, è in agguato la gogna mediatica. Com’è successo di recente alla campionessa olimpionica russa Yelena Isinbayeva, massacrata dai media mondiali per aver osato esprimere la sua opposizione al “matrimonio” omosessuale.
Più volte ci siamo occupati del tema. Lo abbiamo fatto con la coscienza che stiamo di fronte a una delle più ardite sfide dell’immoralità contro la legge divina e naturale. Lo abbiamo fatto anche perché vediamo nell’offensiva omosessualista la continuazione del processo rivoluzionario esposto dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione». Lo stesso impegno che ci spingeva alla militanza anticomunista, ci spinge oggi al rifiuto dell’agenda omosessualista.

Il processo rivoluzionario

Plinio Corrêa de Oliveira spiega così la genesi della crisi che affligge il mondo odierno: “L’umanità è prigioniera di un fascio di errori e di iniquità, che sono cominciati nella sfera religiosa e culturale con l’umanesimo, il rinascimento e la pseudo-riforma protestante (1ª Rivoluzione). Tali errori si sono aggravati con l’illuminismo, il razionalismo, e sono culminati nella sfera politica con la rivoluzione francese del 1789 (2ª Rivoluzione). Dal terreno politico sono passati al campo sociale ed economico, nel secolo XIX, con il socialismo utopistico e con il socialismo cosiddetto scientifico, ossia il comunismo (3ª Rivoluzione)”.
Così come il processo rivoluzionario era passato dalla prima tappa alla seconda e poi alla terza, era logico supporre che sarebbe andato avanti verso una quarta tappa, ancora più radicale. Infatti, né Marx né nessun teorico o leader comunista avevano visto nella dittatura del proletariato la fase finale del processo rivoluzionario. Dagli anni Cinquanta, Plinio Corrêa de Oliveira scrutava l’orizzonte alla ricerca di qualche avvisaglia di questa quarta tappa. Le sue riflessioni in merito sono condensate in un saggio, scritto nel 1976 e intitolato «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Vent’anni dopo». Il leader cattolico vi annuncia il crollo del comunismo sovietico e lo spuntare di una 4ª Rivoluzione, di carattere culturale, morale e psicologico, mirante a cambiare in profondità le radici stesse dell’anima umana.

L’essenza della Rivoluzione

La forza motrice della Rivoluzione è l’odio contro le gerarchie stabilite da Dio nell’universo e l’insofferenza per qualsiasi regola morale che abbia la pretesa di opporre un freno agli appetiti scatenati. E due sono le passioni che spirano questo odio: l’orgoglio, tendente all’egualitarismo completo, e la sensualità, tendente alla libertà assoluta.
Nel Protestantesimo, l’egualitarismo si manifestò nel campo religioso. L’orgoglio produsse la rivolta contro l’autorità ecclesiastica. La Rivoluzione francese non fu altro che la trasposizione, nell’ambito dello Stato, della Riforma protestante: rivolta contro il re, simmetrica alla rivolta contro il Papa. La rivoluzione comunista si scagliò contro l’ultima disuguaglianza rimasta in piedi, cioè quella economica.
Già dagli anni Trenta, però, pensatori comunisti cominciarono a guardare oltre la dittatura del proletariato, abbozzando i lineamenti di ciò che sarebbe stato il post-comunismo. Venne così formandosi l’idea della rivoluzione culturale.

Una rivoluzione psicologica, morale e culturale

Una prima novità di questa rivoluzione è rappresentata dal suo campo d’azione. Oltre alle riforme strutturali, persegue una riforma molto più profonda e fondamentale: quella dell’uomo stesso. Dopo aver cancellato le gerarchie in campo ecclesiastico, socio-politico ed economico, si vuole cancellare anche quella in interiore homini, cioè quella gerarchia in virtù della quale la Fede illumina la ragione e questa guida la volontà, che a sua volta domina la sensibilità. Il fulcro della Rivoluzione passa dall’ambito esterno a quello interno, psicologico e morale.
La rivoluzione culturale contesta radicalmente e allo stesso tempo tutte le forme di autorità legale o morale, in ogni campo e in ogni forma. Questa disintegrazione del sistema non si realizza con le vecchie strategie comuniste, ma con una rivoluzione che propugna una radicale liberazione degli istinti contro gli interiori freni inibitori imposti da secoli di cultura e di civiltà, che sanciscono il dominio dell’intelligenza e della volontà sulle passioni. Perciò una delle sue principali rivendicazioni è proprio la libertà sessuale illimitata. Per sua stessa natura, questa esplosione passionale tenderà a trascinare nel vortice delle lotte contestatarie tutte le attività e tutti i rapporti umani: nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, nell’economia, nella cultura, nella politica e via dicendo.

Un nuovo proletariato

Nella 4ª Rivoluzione, al proletariato marxista si affianca una sorta di nuovo, variegato “proletariato” socio-culturale, composto da quelle categorie che, indipendentemente della loro situazione economica o sociale, si ritengono in qualche forma discriminate da fattori di un qualunque tipo: morali, culturali, psicologici, razziali e via dicendo. Così le femministe si sentiranno discriminate dalla “cultura maschilista”; gli omosessuali dalla morale cristiana; gli immigrati dalla “xenofobia”; le persone di colore dal “razzismo” e così via.
Secondo il nuovo copione, ogni categoria di emarginati dovrà scrollarsi di dosso i fattori di oppressione che concretamente gravano su di essa, ponendosi alla testa, ognuna nel suo campo, di una lotta liberatrice. Per la naturale sinergia fra tutte queste “liberazioni”, avremo quindi la rivoluzione totale.

Una rivoluzione ludica

Cambiano pure le modalità. Mentre il comunismo propugnava lo scontro sociale e politico, la rivoluzione culturale intende avanzare in modo “ludico”, cioè allegro e spensierato. Non si fanno più barricate, scioperi e sparatorie. Si organizzano Gay Pride e happening carnevaleschi.
Il carattere festoso delle manifestazioni omosessualiste, però, non ci deve far dimenticare la loro essenza, radicalmente immorale e rivoluzionaria, cioè in rivolta contro la legge divina e naturale, e tendente alla distruzione di qualsiasi ordine fondato su di essa.

http://www.atfp.it/2013/110-ottobre-2013/869-loffensiva-omosessualista.html

giovedì 26 settembre 2013

mercoledì 4 settembre 2013

Chi preferisce leggi islamiche vada da un’altra parte



Putin: “In Russia leggi russe. Chi preferisce leggi islamiche vada da un’altra parte”

della Redazione Online
2 settembre 2013

Vladimir Putin: “Chi non vuole parlare russo e rispettare leggi russe può tranquillamente andarsene da qualche altra parte. La Russia non ha bisogno di queste minoranze e non abbiamo intenzione di cambiare le nostre leggi per loro”


Vladimir Putin, il presidente russo, ha indirizzato alla Duma (il Parlamento russo) un discorso riguardante le tensioni registrate di recente con alcune minoranze:

“In Russia vivono i russi. Qualsiasi minoranza, di qualsiasi origine, se vuole vivere in Russia, per lavorare e mangiare in Russia, dovrebbe parlare russo, e dovrebbe rispettare le leggi russe. Se preferiscono la legge della Sharia, allora noi li consigliamo di andarsene in quei Paesi dove questa è la legge dello Stato. La Russia non ha bisogno di minoranze. Le minoranze hanno bisogno della Russia, e noi non concederemo loro privilegi speciali, o provare a cambiare le nostre leggi per soddisfare i loro desideri: non importa quanto forte urleranno ‘discriminazione’.

Noi apprendiamo dai suicidi di America, Inghilterra, Olanda e Francia, se vogliamo sopravvivere come nazione. Gli usi e le tradizioni russe non sono compatibili con la mancanza di cultura o i modi primitivi della maggior parte delle minoranze.

Quando questo onorevole corpo legislativo pensa di creare nuove leggi, dovrebbe avere in mente prima l’interesse nazionale, osservando che le minoranze non sono russi”.

I politici della Duma hanno tributato a Putin una standing ovation di cinque minuti!

Tratto da : www.imolaoggi.it/