lunedì 6 luglio 2009

Dalla Giordania

Un principe ragazzino per il trono di Giordania

Dal corrispondente - Francesco Battistini
04 luglio 2009

Gerusalemme - Aveva un anno, quando ammazzarono Rabin. Cinque, quando morì nonno Hussein. Ne aveva dieci, quando se ne andò Arafat. E dove­va ancora fare gli undici, quando papà Abdallah silurò lo ziastro Hamzah, l’erede al trono. Nella sua breve vita di principe ragazzino, Hussein ha già visto abba­stanza per capire che in Medio Oriente nulla è precario e spesso violento come il potere. Una cosa però l’aveva imparata presto: che a 15 anni la corona sarebbe stata promessa a lui. Le cronache di corte non dicono come l’abbia accolta, ma riferiscono in che modo gli è stata conferita: una firma in calce al papiro, che papà ha apposto mentre accompagnava all’aeroporto l’ospite di turno, il dittatore turkmeno Berdymukhamedov. Poche righe, come si usa per faccende su cui c’è nulla da di­scutere: «Noi, Re Abdallah II del Regno Hashemita di Giorda­nia, in attuazione del Paragrafo A dell’Articolo 28 della Costitu­zione, promulghiamo il Nostro Decreto Reale con la nomina del Nostro figlio maggiore, Sua Altezza Reale Principe Hussein Bin Abdallah II, a Principe della Corona. Egli sarà investito di tutti i diritti e le prerogative relative a questo decreto...».

Nel nome del papà re, non s’è perso tempo. Il ragazzo ha festeggiato il com­pleanno domenica. Martedì, il sigillo rea­le. Giovedì, è stato comunicato al mondo che la monarchia, «stirpe diretta di Maometto», aveva il suo erede in questo occhialuto capellone che bisticcia anco­ra coi tre fratellini, divora in tv le partite del Barcellona, eppure è considerato il discendente numero 44 del Profeta. Si chiamerà Hussein II e, come il non­no, ha la passione dei motori. Entra nel club dei principi ereditari, fra aspiranti attempati tipo Carlo d’Inghilterra e pre­tendenti- bebè come Hassan del Maroc­co, ma l’età non imbarazza né lui né i ge­nitori: mamma Rania, a 28 anni, è stata la più giovane regina del mondo. «Que­sta nomina lo priverà dell’infanzia - ha detto una volta la sovrana - e influirà nei suoi rapporti con gli altri. Ma ci sono anche aspetti positivi». Il primo aspetto, positivissimo per la famiglia reale, è che una volta per tutte esce di scena il principe Hamzah, il fra­tellastro ventinovenne di Abdallah. Die­ci anni fa, poco prima di morire, il vec­chio Hussein aveva indicato lui quale principe ereditario: un modo per sparti­re il potere tra i rampolli della seconda moglie inglese, mamma di Abdallah, e quelli della quarta, Nur, mamma di Hamzah. La volontà era stata rispettata. Fino al 2004, quando il re con un editto ufficializzò l’intrigo di corte: via il tito­lo, la sedia di Principe della Corona re­stava vuota, Abdallah ringraziava il fra­tellastro per la rinuncia a «questa carica simbolica che ne ha ristretto la libertà d’azione e gli ha impedito d’esercitare le nuove responsabilità».

Quali responsabilità? Presidente del museo dell’automobile, dell’aero­club, della Federbasket, della fonda­zione per la protezione degli alberi... Insomma, fuori. Il principe ragazzino potrà presenzia­re a qualche parata, ma fino a 18 anni è escluso che si occupi di politica. Sarà la politica a occuparsi di lui, probabilmen­te. Innanzitutto perché buona parte del­la comunità sunnita, il 95% del Paese, si dice non avrebbe sgradito un’altra scelta (al rassegnato Hamzah, figlio d’una regi­na che si convertì all’Islam, già una volta era stato preferito Abdallah, che è figlio d’una regina di radici cristiane). E poi perché 15 anni sono l’età giusta per co­minciare a imparare, in un eterno conflit­to israelo-palestinese che proprio in que­ste settimane ripropone, da Gerusa­lemme, ritornelli come l’«opzione gior­dana », ovvero l’idea vecchia d’almeno vent’anni d’annettere al regno hashemi­ta gran parte della Cisgiordania. Non si sa quando sarà la festa, per il nuovo erede. Né se ci sarà. I giornali di Amman dedicano poche righe all’inve­stitura. E nella preghiera del venerdì, agli imam è vietato parlarne.
«Era la Co­stituzione a richiedere che si coprisse la carica - spiega Muhammad al Moma­ni, politologo della Yarmouk University -. Credo che l’opinione pubblica apprezzi, nel complesso. L’età? Non conta molto che Hussein abbia o no esperienza: era importante dare un segno di sta­bilità del sistema. In fondo, questa è una monarchia che funziona meglio di molte repubbliche arabe».
O per dirla con Hamzeh Mansur, leader in Parlamento del partito islamico e legato ai Fratelli musulmani: «Sulle cose del re, decide il re. Fa quel che vuole. È al di sopra della legge. E noi possiamo solo guardare, senza protestare».